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Francesco Saverio Nitti


Foto di Francesco Saverio Nitti

Francesco Saverio NITTI nacque a Melfi, nel 1868, da una famiglia piccolo borghese.

Collaborò, giovanissimo, ai giornali napoletani “Il Mattino” e “Il Corriere di Napoli”, e a vent’anni pubblicò il saggio “L’emigrazione italiana”, rivelando il suo interesse per i problemi del Mezzogiorno e la predilezione per le scienze socio-economiche.

Divenuto docente di Economia politica, all’Università di Napoli, si dedicò allo studio del Meridione, con esiti diversi da quelli di Giustino Fortunato, di cui non condivise la visione pessimistica e ruralista.

Convinto che l’Italia non avrebbe risolto la questione meridionale, senza un intenso programma d’industrializzazione, che riteneva essenziale anche per la Campania, in contrapposizione all’ipotesi di uno sviluppo del terziario, il Nitti si dimostrò nemico della rendita parassitaria, tipica della retriva borghesia del Sud.

Sostenne anche fortemente la necessità della modernizzazione dello Stato liberale, che gli appariva inefficiente e iniquo, sotto il profilo tributario e finanziario, nei confronti del Meridione. Fu per questo, in polemica col liberalismo economico, accusato di “statolatria socialista”.

Condusse la sua battaglia sulle riviste “Riforma sociale”, fondata nel 1894 con Luigi Roux, editore e direttore di “La Stampa” di Torino, e con opere quali “Nord e Sud”, del 1906, e “Principi di scienze delle finanze”, del 1903.

Eletto deputato, nel 1904, nelle liste radicali di Muro Lucano ebbe, nel 1906, ruoli direttivi nella commissione d’inchiesta sulle condizioni di vita dei contadini del Meridione. Come ministro dell’Agricoltura, Industria e Commercio, nel IV Gabinetto Giolitti (1911-14), fu tenace difensore del monopolio delle assicurazioni sulla vita; come Ministro del Tesoro nel successivo governo, riuscì ad evitare, negli ultimi mesi della Prima guerra mondiale, ulteriori passivi monetari con l’estero.

Divenuto Presidente del Consiglio, governò dal 1919 al 1920 con grande difficoltà, perché privo dell’appoggio sia dei cattolici che dei socialisti, riuscendo comunque ad attuare la smobilitazione dell’esercito e la riforma elettorale (passaggio dal sistema uninominale a quello proporzionale).

Oppositore del fascismo, costretto all’esilio in Francia, dopo il delitto Matteotti, fu arrestato e deportato dai nazisti.

Tornato alla vita pubblica come senatore nella prima legislatura democratica (1948-53), conservò la sua impostazione tecnocratica e sostenne che responsabile della guerra non poteva essere considerato solo il fascismo, tanto da proporre addirittura il reinserimento, nelle cariche pubbliche, del personale compromesso con la dittatura.

Nelle amministrative del 1953, capeggiò a Roma il fronte delle sinistre. Morì in quello stesso anno.

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